Modificato il: 11/09/2024
Il Tar del Lazio ha sospeso, di nuovo, il decreto che limita la vendita dei prodotti ad uso orale a base di CBD che potevano essere venduti solamente in farmacia
Con il decreto del 27 giugno 2024 è stata limitata la vendita dei prodotti ad uso orale a base di cannabidiolo solamente alle farmacie, in quanto inseriti nella tabella B dei medicinali stupefacenti, a partire dal 6 agosto 2024.
Ma in data 11 settembre 2024 il Tar del Lazio ha nuovamente accolto il ricorso dell’ICI, Imprenditori Canapa Italia, fissando un’udienza il prossimo 16 dicembre per discutere del futuro di questo emendamento, che per ora è stato sospeso.
Cosa succede ora?
Ora torna tutto come prima: tutte le composizioni ad uso orale a base di CBD possono di nuovo essere vendute, sia nelle farmacie, sia negli shop online come JustBob.
Il decreto del 27 giugno 2024
Il 27 giugno 2024 infatti, il Ministro della Salute Orazio Schillaci ha limitato la vendita di tutti i prodotti ad uso orale a base di cannabidiolo. Tale decreto, entrato in vigore a partire dal 6 agosto 2024 ha scosso tutti: il Governo, infatti, per sostenere la sua tesi ha dimostrato prove scientifiche, che hanno reso motivato l’inserimento dei prodotti nella sezione B della tabella dei medicinali, ove vi rientrano i medicinali stupefacenti.
L’avvocato Bulleri, uno dei massimi esperti in Italia nel campo CBD, si è espresso in merito anticipando uno scenario futuro: l’Italia sarebbe l’unico Paese europeo a considerare il CBD un farmaco, andando in contrasto con il mercato comune.
Nel 2020, infatti, l’Organizzazione Mondiale della Sanità invitava tutti i Paesi a non inserire nelle tabelle dei farmaci i prodotti a base di CBD e THC, fino allo 0,2%.
I recenti tentativi del governo di regolamentare il CBD
Negli ultimi anni, ci sono stati diversi decreti che hanno provato a limitare i prodotti a base di CBD.
Vediamo quali sono.
Il decreto del 21 agosto 2023, che avrebbe inserito l’olio CBD nella tabella B dei medicinali, e l’annullamento da parte del Tar del Lazio
Il 21 agosto 2023 scorso è uscito un decreto rispetto a nuove restrizioni sulla vendita di prodotti a base di CBD in Italia, il quale avrebbe dovuto limitare le possibilità di acquistare liberamente cannabis light in Italia.
Il decreto sarebbe dovuto entrare in vigore a partire dal 22 settembre 2023.
Nei negozi che vendono la sostanza non si sarebbero potuti più acquistare “prodotti da ingerire” a base di cannabidiolo, ovvero CBD.
Questo è il provvedimento che avrebbe desiderato adottare il Ministro della salute Schillaci, riprendendo un vecchio decreto del 2020 dell’allora Ministro della salute Roberto Speranza, che già al tempo era stato sospeso per le proteste.
Il precedente Ministro della Salute aveva inizialmente inserito “le composizioni per somministrazione ad uso orale di cannabidiolo ottenuto da estratti di Cannabis” nella tabella B dei medicinali.
La sospensione da parte di Speranza del decreto era avvenuta, oltre che per le crescenti proteste da parte delle associazioni nel mondo cannabis, anche perché lui stesso aveva l’intenzione di affrontare la materia in maniera sistematica e complessiva. Invitava in particolare l’istituto Superiore di Sanità e il Consiglio superiore di Sanità ad esprimersi con una rivalutazione complessiva sull’aggiornamento delle tabelle degli stupefacenti e valutare se effettivamente gli effetti della sostanza attiva cannabidiolo rimanessero immutati a prescindere dalla percentuale di utilizzo della stessa.
L’attuale Ministro della Salute, Orazio Schillaci il 21 agosto del 2023 ha deciso a sorpresa di revocare la sospensione del suddetto decreto che, come abbiamo descritto poc’anzi, inseriva le “composizioni per somministrazione ad uso orale di cannabidiolo (CBD) ottenuto da estratti di cannabis” nella tabella dei medicinali allegata al testo unico sugli stupefacenti.
Nella Gazzetta ufficiale della Repubblica Italiana si legge chiaramente che: “È revocato il decreto del Ministro della salute 28 ottobre 2020, recante la sospensione dell’entrata in vigore del decreto del Ministro della salute 1° ottobre 2020, recante «Aggiornamento delle tabelle contenenti l’indicazione delle sostanze stupefacenti e psicotrope, di cui al decreto del Presidente della Repubblica, 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni e integrazioni.
Inserimento nella Tabella dei medicinali, sezione B, delle composizioni per somministrazione ad uso orale di cannabidiolo ottenuto da estratti di Cannabis».
Tale provvedimento definisce quindi i prodotti ingeribili a base di CBD come sostanze stupefacenti ed è da ritenersi valido dopo trenta giorni dalla pubblicazione, e in tal caso avrebbe chiaramente bloccato i prodotti ingeribili a base di CBD, come l’olio di CBD, e che non sarebbero più stati disponibili all’acquisto nei negozi di cannabis light.
Ma a dare uno schiaffo morale alla ferma volontà di Schillaci è stato il Tar del Lazio. Il Tar (per chi non lo sapesse) è un acronimo che sta per “Tribunali amministrativi regionali” e in questo caso quello del Lazio si è fatto sentire più degli altri.
Il Tar del Lazio ha confermato la sospensione del decreto del 7 agosto 2023
Fortunatamente l’olio CBD in Italia è stato portato in salvo dal Tar del Lazio, istituzione che non è stata zitta, e anzi in due occasioni si è fatta davvero sentire: in primis quando Schillaci ha indetto il decreto, sospendendolo fino al 23 ottobre 2023, in secundis per la conferma della sospensione fino al 16 gennaio 2024.
Infatti, il Tribunale Amministrativo Regionale (Tar) del Lazio, riunito in una sessione a porte chiuse, ha ratificato la temporanea revoca del decreto emanato dal Ministero della Salute che inseriva il cannabidiolo (Cbd) nella categoria dei medicinali contenenti sostanze stupefacenti. La discussione su questo delicato tema è stata ripresa il 16 gennaio, giorno dell’udienza di merito.
Il 16 aprile 2023, invece, abbiamo assistito ad un’ulteriore udienza, durante la quale il Tar del Lazio ha confermato la seconda sospensione del decreto, questa volta rimandando la questione a settembre. Nonostante la strenua lotta da parte di Lorenzo Simonetti e Claudio Miglio, gli avvocati di fiducia dell’associazione Canapa Sativa Italia, la difesa del Ministero della Salute ha decretato il rinvio dell’udienza. In questa sede, si è richiesta la rielaborazione delle opinioni della fazione opposta, tenendo conto delle fonti che supportano l’inserimento del CBD (assunto per via orale) nella Tabella dei medicinali, sezione B, del Dpr. 309/90.
In ogni caso una cosa sola era certa: i prodotti a base di CBD di composizione orale potevano essere venduti, nuovamente, nelle erboristerie e nei cannabis shop, senza nessuna ricetta medica.
E quindi, non erano ammissibili i sequestri (da parte delle autorità competenti) dei prodotti olio CBD ai danni di chi lo commercializza legalmente, giacché il decreto è stato bloccato.
I magistrati, con la loro decisione, accolsero le istanze presentate da ICI (Imprenditori Canapa Italia), sottolineando la mancanza di motivazioni sufficienti riguardo ai potenziali rischi di dipendenza dal cannabidiolo. Il Tar affermò che non vi emergevano rischi imminenti per la salvaguardia della salute pubblica.
La verità dietro il decreto e cosa dice l’Organizzazione mondiale della sanità
Bisogna specificare che se il Tar del Lazio non fosse intervenuto, chissà quale sarebbe stato l’epilogo per questa vicenda per i commercianti di CBD, come erboristerie, tabaccai e cannabis light shop, dove l’olio al CBD viene venduto ad oggi come prodotto per uso tecnico.
Per non pensare alle farmacie dove sono presenti almeno 4 tipologie di prodotti che lo contengono: gli estratti galenici prodotti in farmacia, gli estratti industriali prodotti da 3 diverse aziende, l’Epidiolex e il CBD sintetico.
Sono tante le associazioni che si battono affinché non passino decreti come questo che vietano la libera vendita di prodotti a base di CBD, perché ad oggi, nel 2023 parlare di sostanza stupefacente in riferimento al cannabidiolo (CBD) è anacronistico e totalmente fuori luogo.
Il CBD non ha alcun tipo di effetto stupefacente, dato confermato anche dall’OMS, Organizzazione Mondiale della Sanità, che nel 2019 ha espresso il suo giudizio in merito.
Nel 2019 l’OMS ha raccomandato in primis la rimozione della cannabis dalla tabella IV della Convenzione unica sugli stupefacenti del 1961, che contiene le sostanze “particolarmente dannose e di valore medico o terapeutico estremamente ridotto” e l’inserimento di determinate preparazioni farmaceutiche a base di cannabis nella tabella III della stessa convenzione, che elenca le sostanze con valore terapeutico e con basso rischio di abuso.
Vengono così riconosciute le applicazioni mediche di cannabis e cannabinoidi, che vengono reintegrati nella farmacopea.
Infine, l’OMS esplicita che le preparazioni di cannabidiolo puro, con meno dello 0,2% di THC, non devono essere sotto controllo internazionale.
Il 19 Novembre del 2020 l’Alta Corte di Giustizia dell’UE ha stabilito che il cannabidiolo non è un farmaco narcotico. La sentenza sancisce la libera circolazione del CBD e boccia i tentativi di alcuni paesi membri che negli ultimi anni hanno cercato di reprimere l’uso del CBD sostenendo che fosse dannoso per la salute, esattamente come sta facendo in questo momento lo Stato italiano.
La Corte Europea infatti ha sottolineato che, in base allo stato attuale delle conoscenze scientifiche, gli effetti del CBD non sono né psicotropi né nocivi per la salute umana (a differenza del THC).
Nonostante l’evidenza dei fatti, nel 2020 il primo decreto emanato dall’allora ministro Speranza voleva includere il CBD nella lista delle sostanze stupefacenti.
Le motivazioni che spingono il nostro governo a contrapporsi ai giudizi di organi così in vista possono essere davvero tantissime, forse più di natura economica che altro… ma anche questa volta in Italia si è evitato un provvedimento che avrebbe cambiato drasticamente le sorti del commercio della cannabis light.
Un commercio che in Italia fattura annualmente 150 milioni di euro, come riportato dal quotidiano nazionale La Repubblica che cita le stime del Consorzio Nazionale per la Canapa, elaborate nel 2018. La filiera della cannabis impiega 10 mila persone con un’età media di circa 35 anni e ci sono quasi mille shop fisici attivi più altri negozi online specializzati.
In conclusione
Resta il fatto che questa classificazione aggiornata voluta dal governo Meloni quindi non solo è priva di fondamento scientifico, ma avrebbe potuto avere gravi ripercussioni per l’Italia sul panorama internazionale.
Dal momento che ad oggi sono già parecchi i paesi in cui non solo non si pensa al CBD come sostanza con gravi ripercussioni sulla psiche, ma si sta addirittura rendendo legale il THC, e quindi la cannabis ad alto contenuto di THC, forse sarebbe ora che anche l’Italia cominci a riflettere su come potremmo restare al passo con i tempi.
Molti di questi paesi sono vicini all’Italia, come Malta, Spagna, Lussemburgo. La Germania ha invece preso da poco le distanze.
Infatti, il 1 aprile 2024, il governo tedesco ha detto sì alla cannabis. Il disegno di legge è stato approvato dalla Cancelleria federale e discusso e approvato al Parlamento di Berlino. Il ministro della Salute tedesco, Lauterbach, nella sua ultima proposta, aveva infatti previsto la legalizzazione del possesso fino a 25 grammi di cannabis al giorno (ma un massimo 50 grammi al mese) e la possibilità di coltivare fino a tre piante in casa.
In Lussemburgo una nuova legge che legalizza il possesso e la coltivazione personale di marijuana è entrata ufficialmente in vigore il 21 luglio 2023. Di seguito riportiamo il comunicato completo del Ministero della Giustizia:
“Il 17 luglio 2023, la legge del 10 luglio 2023 che modifica la legge del 19 febbraio 1973 relativa alla vendita di sostanze medicinali e alla lotta contro la tossicodipendenza, prevedendo la legalizzazione della coltivazione domestica di cannabis a determinate condizioni, è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale. Entrerà in vigore il quarto giorno successivo a quello della sua pubblicazione, ovvero venerdì 21 luglio 2023”.
Quindi, ancora una volta, il governo italiano tenta di bloccare la commercializzazione e la vendita libera di prodotti a base di CBD.
Ma, mentre l’Italia resta ancorata ad un’idea negativa e pregiudicante della marijuana, ritenendola causa di dipendenza e gravi effetti sulla salute, il mondo va avanti e cerca di trovare le modalità di convivere con questa pianta che ha, invece, importantissimi effetti benefici, e può lenire tante patologie.
Inserire un prodotto non stupefacente, come i prodotti a base di CBD, nella tabella dei medicinali della tabella B, è fare esattamente il contrario di ciò che raccomanda l’OMS e significa nel pratico creare un danno all’economia italiana, dipendente forse troppo dalle crescenti richieste delle grandi e potenti case farmaceutiche.
Justbob si attiva da sempre per una giusta e corretta divulgazione scientifica riguardo alla cannabis in tutte le sue forme, modalità di utilizzo e prodotti derivati.
Se vuoi saperne di più leggi gli altri articoli sul blog!