Composizione chimica della cannabis: quali sono i principali composti attivi?

Composizione chimica della cannabis: quali sono i principali composti attivi? | Justbob

Pubblicato il: 11/04/2025

La complessità biochimica della cannabis: una panoramica

La cannabis, pianta di grande interesse sia sotto il profilo storico che scientifico, si distingue per la sua straordinaria complessità biochimica. Nel corso dei secoli, è stata utilizzata in numerosi contesti, dal consumo tradizionale a scopi terapeutici, fino ad arrivare agli studi più recenti che ne esplorano le potenzialità in ambito medico. Questa fama è strettamente legata alla sua ricca composizione chimica, che include numerosi cannabinoidi, terpeni e flavonoidi, ognuno con proprietà specifiche e spesso complementari.

Nel corso degli anni, la ricerca scientifica ha progressivamente svelato il contenuto di questa pianta, identificando centinaia di composti distinti che, interagendo in modi complessi e sinergici, sono responsabili degli effetti che produce sull’organismo umano, effetti che spaziano da alterazioni percettive a potenziali benefici terapeutici.

In questo articolo esamineremo nel dettaglio la composizione della cannabis (e, per esteso, anche della canapa legale, che differisce da quella illegale non per la sua composizione ma per la concentrazione di sostanze psicoattive), fornendo una panoramica sulle molecole alla base delle sue proprietà.

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I cannabinoidi: i protagonisti della cannabis

Al centro della scena chimica della cannabis si collocano i cannabinoidi, una famiglia di composti che costituisce il fulcro delle sue proprietà biologiche. Queste molecole, uniche nel loro genere, sono responsabili della maggior parte degli effetti attribuiti alla cannabis stessa.

La ricerca ha identificato oltre cento cannabinoidi differenti, ognuno con una propria struttura chimica e un profilo farmacologico specifico, seppur spesso interconnesso. Questa straordinaria diversità strutturale si traduce in una varietà di interazioni con il sistema endocannabinoide umano, un complesso sistema di segnalazione cellulare coinvolto in numerosi processi fisiologici, come la regolazione dell’umore, del dolore, dell’appetito e della funzione immunitaria.

Tra i cannabinoidi più studiati e rilevanti, spiccano il delta-9-tetraidrocannabinolo (THC) e il cannabidiolo (CBD), due molecole che, pur condividendo un’origine biosintetica comune, presentano effetti farmacologici notevolmente differenti. Il primo, noto per i suoi effetti psicoattivi, è il principale responsabile delle alterazioni percettive e psicologiche associate alla cannabis. Il CBD, invece, si distingue per la sua assenza di psicoattività e per le sue promettenti proprietà terapeutiche.

Oltre a THC e CBD, la cannabis produce una vasta gamma di cannabinoidi minori, come il cannabigerolo (CBG), il cannabinolo (CBN), il cannabicromene (CBC) e molti altri analoghi. Questi, sebbene presenti in concentrazioni inferiori rispetto ai loro “fratelli maggiori”, stanno attirando un crescente interesse scientifico per le loro potenziali attività biologiche e terapeutiche, spesso complementari o sinergiche a quelle di THC e CBD.

Vediamoli meglio uno per uno.

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Delta-9-Tetraidrocannabinolo (THC): il principale responsabile degli effetti psicoattivi

Il delta-9-tetraidrocannabinolo è uno dei protagonisti indiscussi tra i composti chimici della cannabis, soprattutto per il suo ruolo preminente negli effetti psicoattivi associati alla pianta.

Questa molecola, dalla struttura chimica complessa e liposolubile, possiede la capacità unica di interagire in modo diretto con il sistema nervoso centrale, attraversando agevolmente la barriera emato-encefalica e raggiungendo il cervello. Una volta nel sistema nervoso centrale, il THC esercita la sua azione psicoattiva legandosi a specifici recettori cellulari, denominati recettori cannabinoidi CB1 e CB2. L’interazione con i primi, particolarmente numerosi nel cervello e nel sistema nervoso centrale, è il meccanismo principale attraverso il quale si manifestano le proprietà psicoattive tipiche della cannabis.

Questi effetti possono variare notevolmente a seconda della dose, della modalità di assunzione, della predisposizione individuale e del contesto ambientale, spaziando da sensazioni di euforia e rilassamento a percezioni sensoriali alterate, modificazioni cognitive, fino, in alcuni casi, a stati di ansia, paranoia o disforia.

Cannabidiolo (CBD): il cannabinoide non psicoattivo dalle promettenti applicazioni terapeutiche

Al pari del THC, il cannabidiolo, universalmente noto come CBD, è un altro cannabinoide di primaria importanza nel panorama farmacologico della cannabis, distinguendosi nettamente dal suo “parente stretto” per un aspetto cruciale: l’assenza di effetti psicoattivi significativi. Questa caratteristica ha fatto sì che si aprisse un vasto campo di indagine sulle sue potenziali applicazioni terapeutiche, libere dai vincoli e dalle problematiche associate agli effetti stupefacenti.

Tale differenza sembra sia legata alle diverse modalità di interazione dei due cannabinoidi con i recettori che abbiamo citato prima: a differenza del THC, il CBD non si lega direttamente ai CB1 e CB2, ma agisce in modo più indiretto, modulando l’attività di questi recettori e interagendo con altri sistemi nel corpo umano. Questo meccanismo d’azione più complesso e sfumato sembra essere alla base del profilo unico del cannabidiolo, caratterizzato da una vasta gamma di potenziali effetti terapeutici, tra cui spiccano le proprietà antinfiammatorie e ansiolitiche.

La progressiva caratterizzazione del CBD e la sempre maggiore chiarezza in merito alla sua distinzione dal THC ha contribuito a rendere possibile lo sviluppo e la diffusione di varietà di cannabis caratterizzate da profili cannabinoidici specifici, come la cosiddetta ‘cannabis light‘, selezionata attraverso tecniche di breeding così da garantire livelli molto bassi di THC, conformi ai limiti legali definiti in diverse normative europee, Italia inclusa.

È importante notare che, nella maggior parte delle giurisdizioni europee che regolamentano la ‘cannabis legale‘ (Italia compresa) la sua commercializzazione è intesa per usi diversi dal consumo umano diretto, quali il collezionismo, la ricerca, usi industriali o come biomassa.

Al netto di questo, si è sviluppato un florido mercato di prodotti derivati dalla ‘cannabis light’, motivo per il quale qui su Justbob puoi trovare articoli come l’olio di CBD, commercializzato per usi tecnici o aromaterapeutici, e le cime di erba legale, destinate ad usi ornamentali o da collezione.

Cannabigerolo (CBG) e Cannabinolo (CBN): cannabinoidi minori in ascesa e le loro potenzialità emergenti

Oltre ai ben noti THC e CBD, la cannabis cela un buon numero di cannabinoidi minori, tra cui spiccano il cannabigerolo (CBG) e il cannabinolo (CBN), due composti che, pur presenti in concentrazioni inferiori rispetto ai cannabinoidi maggiori, stanno attirando un crescente interesse scientifico per le loro interessanti proprietà.

Il CBG, in particolare, riveste un ruolo cruciale nella biosintesi dei cannabinoidi, fungendo da precursore biochimico diretto del THC, del CBD e di altri cannabinoidi. Nella pianta di cannabis, il cannabigerolo è generalmente presente in quantità limitate, poiché viene rapidamente convertito nei cannabinoidi maggiori man mano che la pianta matura, ma la sua scarsa presenza non deve spingerci a sottovalutare le sue proprietà.

Il CBG, infatti, ha dimostrato in studi preliminari un’ampia gamma di potenziali attività biologiche molto promettenti, tra cui proprietà antinfiammatorie, antibatteriche e analgesiche. Queste evidenze precliniche hanno spinto la ricerca a indagare ulteriormente il potenziale terapeutico del cannabigerolo, soprattutto nel contesto di malattie infiammatorie croniche, infezioni resistenti agli antibiotici e disturbi analoghi.

Passiamo ora al CBN, un cannabinoide che si forma principalmente per degradazione ossidativa del THC quando la cannabis viene esposta a fattori ambientali come ossigeno, luce e calore.

Rispetto al tetraidrocannabinolo, il cannabinolo presenta una ridotta attività psicoattiva, ma conserva interessanti proprietà biologiche, tra cui un effetto sedativo leggero e la capacità di modulare il sistema immunitario. Studi preliminari hanno suggerito un potenziale utilizzo del CBN nel trattamento dell’insonnia e di altri disturbi del sonno e nella modulazione della risposta immunitaria in alcune condizioni infiammatorie. Tuttavia, è importante sottolineare che la ricerca su questo cannabinoide è ancora in fase iniziale e sono necessari ulteriori studi sperimentali e clinici per confermare le sue potenzialità terapeutiche e definirne il profilo di sicurezza.

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Terpeni e flavonoidi: oltre i cannabinoidi, l’importanza dei composti aromatici e pigmentari

La composizione chimica della cannabis non si esaurisce con i cannabinoidi; un ruolo significativo è giocato anche da altre classi di composti, tra cui i terpeni e i flavonoidi, molecole aromatiche e pigmentarie che contribuiscono in modo determinante alle caratteristiche organolettiche e sensoriali della pianta, ma anche, sempre più, al suo profilo farmacologico.

I terpeni costituiscono la classe più numerosa e diversificata di composti volatili presenti nella cannabis, con centinaia di molecole differenti identificate finora. Questi idrocarburi isoprenoidi sono responsabili degli aromi e dei sapori distintivi delle diverse varietà di questa pianta, conferendo loro profili olfattivi e gustativi unici e complessi.

Esempi di terpeni comuni nella cannabis includono il limonene, dal profumo agrumato, il mircene, con sentori terrosi e muschiati, il linalolo, floreale e lavanda, il pinene, con note di pino, e il beta-cariofillene, speziato e pepato.

Oltre a determinare le proprietà sensoriali della cannabis, essi hanno dimostrato di possedere anche attività farmacologiche proprie, spesso sinergiche o complementari a quelle dei cannabinoidi. Si parla infatti di “effetto entourage” per descrivere questa interazione complessa e multifattoriale tra tali composti, in cui i terpeni possono modulare, potenziare o mitigare gli effetti dei cannabinoidi, contribuendo all’efficacia terapeutica complessiva della pianta.

I flavonoidi rappresentano un’altra categoria chimica rilevante nella pianta, sebbene meno abbondante rispetto ai cannabinoidi e ai terpeni. Questi composti polifenolici sono responsabili della pigmentazione di molti vegetali, inclusa la cannabis, e contribuiscono al colore caratteristico di fiori e foglie.

Inoltre, alcuni di essi potrebbero avere delle proprietà particolarmente interessanti: determinati flavonoidi come la cannaflavina A e la cannaflavina B, infatti, hanno attirato l’attenzione per i loro potenziali effetti antinfiammatori e antiossidanti. Studi preliminari suggeriscono, in particolare, che potrebbero contribuire ulteriormente al potenziale terapeutico della cannabis, agendo in sinergia con cannabinoidi e terpeni per modulare la risposta infiammatoria e proteggere le cellule dai danni ossidativi.

Ricercatrice che lavora in un laboratorio | Justbob

Verso una comprensione olistica della composizione chimica della cannabis

L’analisi della composizione chimica della cannabis rivela un quadro di straordinaria complessità e ricchezza biochimica, un panorama che non vede protagonista un singolo principio attivo, ma un vero e proprio fitocomplesso, in cui centinaia di composti chimici, appartenenti principalmente alle classi dei cannabinoidi, dei terpeni e dei flavonoidi, interagiscono in modo sinergico e dinamico per determinare gli effetti biologici e terapeutici.

I cannabinoidi, con THC e CBD in prima linea, costituiscono il “cuore” di tale complesso e sono responsabili della maggior parte degli effetti attribuiti alla pianta. Tuttavia, la loro azione non può essere considerata isolatamente, ma va inquadrata nel contesto più ampio del fitocomplesso, in cui terpeni e flavonoidi svolgono un ruolo modulatore e potenziante.

L’effetto entourage sottolinea l’importanza di considerare la cannabis nella sua interezza, piuttosto che focalizzarsi su singoli composti isolati, suggerendo che le sue proprietà derivano, in effetti, dalla sinergia tra tutti i componenti chimici. La ricerca scientifica, peraltro, prosegue con gli studi in materia, con l’obiettivo di svelare i meccanismi d’azione dei singoli composti, le loro interazioni reciproche e il loro contributo all’effetto terapeutico complessivo.

La comprensione olistica della composizione chimica della cannabis rappresenta la chiave per comprendere appieno le caratteristiche di questa pianta millenaria.

Composizione chimica della cannabis: takeaways

  • La cannabis è una pianta dalla composizione chimica straordinariamente complessa, caratterizzata da centinaia di composti attivi, tra cui spiccano i cannabinoidi, i terpeni e i flavonoidi. Questi componenti agiscono in sinergia, dando origine a una vasta gamma di effetti biologici e farmacologici che hanno suscitato un crescente interesse nella comunità scientifica e medica. La comprensione di questa intricata composizione è fondamentale per decifrare appieno il potenziale terapeutico e gli effetti sull’organismo umano attribuiti a questa pianta, aprendo nuove prospettive per la ricerca e l’applicazione in diversi ambiti, dalla medicina alla farmacologia.
  • Tra i cannabinoidi, il delta-9-tetraidrocannabinolo (THC) e il cannabidiolo (CBD) sono i più studiati e noti. Il THC è responsabile degli effetti psicoattivi della cannabis, mentre il CBD si distingue per le sue potenziali proprietà terapeutiche non psicoattive, come quelle antinfiammatorie e ansiolitiche. Questa dicotomia tra THC e CBD ha polarizzato l’attenzione scientifica, spingendo la ricerca a indagare a fondo i meccanismi d’azione di entrambi i composti e le loro interazioni sinergiche o antagoniste all’interno del fitocomplesso della cannabis.
  • Oltre ai cannabinoidi, i terpeni e i flavonoidi contribuiscono in modo significativo alle proprietà della cannabis. I terpeni, responsabili degli aromi e dei sapori distintivi, modulano e potenziano gli effetti dei cannabinoidi attraverso il cosiddetto “effetto entourage”. I flavonoidi, pur meno studiati, mostrano promettenti proprietà antiossidanti e antinfiammatorie, arricchendo ulteriormente il fitocomplesso della cannabis. La sinergia tra questi gruppi di composti sottolinea la natura olistica dell’azione della cannabis, suggerendo che l’efficacia terapeutica potrebbe derivare non solo dai singoli componenti, ma dall’interazione complessa di tutti gli elementi costitutivi della pianta.

Composizione chimica della cannabis: FAQ

Quali sono i principali gruppi di composti chimici attivi presenti nella cannabis?

I principali gruppi di composti chimici attivi presenti nella cannabis sono i cannabinoidi, i terpeni e i flavonoidi. I cannabinoidi, come il THC e il CBD, rappresentano la classe più studiata e sono responsabili degli effetti farmacologici più noti, interagendo con il sistema endocannabinoide umano. I terpeni, invece, contribuiscono in modo significativo al profilo aromatico della cannabis e possono modulare gli effetti dei cannabinoidi attraverso l'”effetto entourage”, influenzando l’esperienza complessiva. Infine, i flavonoidi, pur essendo meno abbondanti, apportano ulteriori benefici grazie alle loro proprietà antiossidanti e antinfiammatorie, arricchendo il fitocomplesso della cannabis e contribuendo alla sua potenziale efficacia terapeutica. Questi tre gruppi di composti lavorano in sinergia, creando un’interazione complessa che definisce le proprietà uniche della cannabis.

In che modo il THC e il CBD differiscono in termini di effetti e applicazioni?

Il THC (delta-9-tetraidrocannabinolo) e il CBD (cannabidiolo) sono i due cannabinoidi più abbondanti e studiati nella cannabis, ma differiscono notevolmente nei loro effetti e applicazioni. Il THC è il principale responsabile degli effetti psicoattivi della cannabis, inducendo alterazioni percettive e stati euforici attraverso l’attivazione dei recettori CB1 nel cervello. Al contrario, il CBD non è psicoattivo e non produce gli stessi effetti psicotropi. Il CBD è apprezzato per le sue potenziali proprietà terapeutiche, tra cui effetti antinfiammatori, ansiolitici e anticonvulsivanti, rendendolo un candidato promettente per applicazioni mediche senza i rischi psicoattivi associati al THC. Questa fondamentale differenza rende il CBD particolarmente interessante per coloro che cercano i benefici terapeutici della cannabis senza alterazioni mentali.

Cos’è l'”effetto entourage” e perché è importante nella cannabis?

L'”effetto entourage” è un concetto chiave nella comprensione dell’azione della cannabis, riferendosi all’interazione sinergica tra i vari composti chimici presenti nella pianta, come cannabinoidi, terpeni e flavonoidi. Questa interazione complessa implica che l’effetto terapeutico complessivo della cannabis non è semplicemente la somma degli effetti dei singoli componenti isolati, ma piuttosto il risultato di una collaborazione sinergica in cui ogni composto contribuisce e modula l’azione degli altri. L'”effetto entourage” suggerisce che l’utilizzo dell’intera pianta o di estratti complessi, contenenti una vasta gamma di composti, potrebbe essere più efficace dal punto di vista terapeutico rispetto all’uso di singoli cannabinoidi isolati. La comprensione di questo fenomeno è cruciale per ottimizzare le applicazioni terapeutiche della cannabis e sviluppare approcci terapeutici più efficaci e personalizzati, sfruttando la complessità del fitocomplesso.