Cannaflavine e proprietà biologiche: cosa sappiamo su questi composti della cannabis

Cannaflavine e proprietà biologiche: cosa sappiamo su questi composti della cannabis | Justbob

Pubblicato il: 21/03/2025

Esplorando le cannaflavine, flavonoidi specifici della Cannabis Sativa: ecco il loro potenziale terapeutico

Nel vasto e complesso panorama dei composti bioattivi presenti nel regno vegetale, le cannaflavine costituiscono una classe di molecole uniche, la cui esistenza è stata finora riscontrata esclusivamente nella specie Cannabis sativa.

Questi flavonoidi, pur condividendo la famiglia chimica con numerosi altri composti vegetali noti per le loro proprietà benefiche, si distinguono per caratteristiche strutturali e attività biologiche peculiari, che hanno suscitato un crescente interesse nella comunità scientifica. La ricerca sulle cannaflavine è ancora in una fase esplorativa, ma i risultati preliminari suggeriscono un notevole potenziale terapeutico, in particolare nel contesto delle patologie infiammatorie.

A differenza dei più noti cannabinoidi, come il tetraidrocannabinolo (THC) e il cannabidiolo (CBD), le cannaflavine non sono psicoattive e sembrano agire attraverso meccanismi d’azione differenti, aprendo nuove prospettive per lo sviluppo di terapie innovative.

L’esplorazione di questi composti rappresenta un campo di ricerca promettente, capace di arricchire la nostra comprensione delle potenzialità della Cannabis sativa.

Ricercatori eseguono studi sulle cannaflavine | Justbob

Origini e identità chimica delle cannaflavine: un profilo unico

I flavonoidi, una vasta famiglia di metaboliti secondari vegetali, sono ampiamente riconosciuti per il loro ruolo cruciale nella fisiologia delle piante e per i loro effetti benefici sulla salute umana. Questi composti polifenolici contribuiscono alla pigmentazione di fiori e frutti, proteggono le piante dai danni indotti dalle radiazioni UV e dagli attacchi di patogeni, e agiscono come potenti antiossidanti.

All’interno della Cannabis sativa, è stata identificata una notevole varietà di flavonoidi, superando la ventina. Tuttavia, tra questa ricca diversità, le cannaflavine spiccano per la loro specificità: la loro presenza è stata finora accertata unicamente in questa specie botanica, conferendo loro un carattere di esclusività che alimenta la curiosità scientifica.

Tra le cannaflavine più studiate e caratterizzate, si annoverano la cannaflavina A, la cannaflavina B e la cannaflavina C.

La scoperta delle cannaflavine A e B risale agli anni ’80, un periodo in cui l’attenzione della ricerca scientifica si stava progressivamente estendendo ai componenti meno noti della pianta, al di là dei cannabinoidi psicoattivi. In quel contesto, studi pionieristici hanno portato all’isolamento e alla caratterizzazione di questi nuovi flavonoidi, aprendo un nuovo capitolo nella comprensione della chimica della cannabis.

La cannaflavina C, invece, è stata identificata solo nel 2008, grazie all’avvento di tecniche analitiche più sofisticate e sensibili, capaci di rivelare composti presenti in tracce o con strutture complesse.

Dal punto di vista chimico, le cannaflavine sono state riconosciute come derivati prenilati del crisoeriolo, un flavonoide di base presente in numerose specie vegetali.

La prenilazione, ovvero l’aggiunta di un gruppo prenilico alla struttura del crisoeriolo, rappresenta l’evento chiave che distingue le cannaflavine dagli altri flavonoidi della cannabis e che sembra conferire loro le proprietà biologiche uniche che le caratterizzano, in particolare una potente attività antinfiammatoria.

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Meccanismi d’azione antinfiammatoria: le cannaflavine contro l’infiammazione

L’infiammazione, pur essendo un processo fisiologico essenziale per la difesa dell’organismo e la riparazione dei tessuti, può diventare dannosa e contribuire allo sviluppo di numerose patologie croniche quando si protrae nel tempo o quando è eccessiva. La ricerca di approcci terapeutici innovativi per modulare l’infiammazione, con un profilo di sicurezza migliore rispetto ai farmaci antinfiammatori tradizionali, rappresenta una priorità in ambito sanitario.

In questo contesto, le cannaflavine hanno suscitato un notevole interesse grazie alla loro potente attività antinfiammatoria, dimostrata in diversi studi preclinici.

Alcuni studi condotti negli anni ’80 hanno evidenziato la capacità della cannaflavina A e della cannaflavina B di inibire in modo significativo la produzione di prostaglandina E2 (PGE2), un mediatore lipidico chiave nel processo infiammatorio. La PGE2 è coinvolta nella vasodilatazione, nell’aumento della permeabilità vascolare, nella sensibilizzazione dei recettori del dolore e nel reclutamento di cellule infiammatorie nel sito di infiammazione.

La riduzione della produzione di PGE2 rappresenta quindi un meccanismo terapeutico consolidato per contrastare tali dinamiche.

Gli studi successivi hanno permesso di chiarire i meccanismi molecolari attraverso i quali le cannaflavine esercitano la loro azione antinfiammatoria. È stato dimostrato che le A e le B sono in grado di sopprimere l’attività di due enzimi chiave coinvolti nella sintesi di mediatori pro-infiammatori: la microsomiale prostaglandina E2 sintasi-1 (mPGES-1) e la 5-lipossigenasi (5-LO).

La mPGES-1 è l’enzima responsabile della sintesi finale di PGE2 a partire dall’acido arachidonico, mentre la 5-LO è coinvolta nella produzione di leucotrieni, un’altra classe di mediatori lipidici pro-infiammatori.

È importante sottolineare che le cannaflavine agiscono su vie metaboliche differenti rispetto ai farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) come l’aspirina e l’ibuprofene. I FANS esercitano la loro azione antinfiammatoria principalmente inibendo l’enzima cicloossigenasi (COX), con conseguenti effetti collaterali a livello gastrointestinale. Le cannaflavine, invece, sembrano agire in modo più selettivo su mPGES-1 e 5-LO, suggerendo un potenziale profilo di sicurezza più favorevole.

Alcune ricerche, peraltro, hanno suggerito che la cannaflavina A potrebbe essere addirittura più efficace dell’aspirina nel ridurre l’infiammazione, con una potenza stimata fino a trenta volte superiore in modelli preclinici. Tuttavia, è fondamentale interpretare questi dati con cautela, poiché si basano su studi in vitro e in modelli animali.

Oltre l’infiammazione: altre proprietà biologiche delle cannaflavine

Sebbene l’attività antinfiammatoria rappresenti l’area di ricerca più sviluppata e promettente per le cannaflavine, studi emergenti suggeriscono che questi composti possiedano un ventaglio più ampio di proprietà biologiche, ampliando ulteriormente il loro potenziale terapeutico.

Tra le proprietà più rilevanti, spiccano le attività antiossidanti e antiparassitarie, che aprono nuove prospettive.

Le proprietà antiossidanti dei flavonoidi sono ampiamente riconosciute e derivano dalla loro capacità di neutralizzare i radicali liberi, specie chimiche altamente reattive che possono danneggiare le cellule e contribuire allo stress ossidativo.

Lo stress ossidativo è implicato nello sviluppo di numerose malattie croniche, tra cui il cancro, le malattie cardiovascolari, le malattie neurodegenerative e l’invecchiamento. Le cannaflavine, come altri flavonoidi, possiedono una struttura chimica che le rende capaci di agire come scavenger di radicali liberi, proteggendo le cellule dai danni ossidativi.

Studi preclinici, inoltre, hanno dimostrato che la cannaflavina A e la cannaflavina C possono inibire la crescita di alcuni parassiti protozoi, suggerendo un potenziale utilizzo nel trattamento di infezioni parassitarie. Anche in questo caso, la ricerca è ancora nelle fasi iniziali e sono necessarie ulteriori indagini per confermare questi risultati, per identificare i parassiti bersaglio e per chiarire i meccanismi d’azione antiparassitaria delle cannaflavine.

Sfide e strategie nella ricerca sulle cannaflavine: dalla pianta al laboratorio

Nonostante le promettenti proprietà biologiche e il crescente interesse scientifico, la ricerca sulle cannaflavine si trova di fronte a una sfida tecnologica significativa: la loro bassa concentrazione nella pianta di cannabis.

Le cannaflavine costituiscono solo una frazione minoritaria dei metaboliti secondari della cannabis, rappresentando circa lo 0,02% del peso secco della pianta. Questa scarsa abbondanza rende difficile l’estrazione di quantità sufficienti per condurre studi approfonditi in vitro e in vivo, per la caratterizzazione farmacologica completa e per lo sviluppo di potenziali applicazioni terapeutiche.

Per superare questo ostacolo, la comunità scientifica sta esplorando diverse strategie innovative, che spaziano dall’ottimizzazione delle tecniche di estrazione e purificazione, alla selezione genetica di varietà di cannabis ad alto contenuto di cannaflavine, fino alla sintesi chimica e biosintetica di questi composti.

L’ottimizzazione delle tecniche di estrazione rappresenta un approccio immediato per migliorare la resa di cannaflavine dai materiali vegetali. Sono in fase di studio e sviluppo metodi di estrazione più efficienti e selettivi, basati sull’impiego di solventi ottimizzati, di tecniche di estrazione assistite (come l’estrazione con ultrasuoni o con fluidi supercritici) e di metodi di purificazione cromatografica avanzati.

L’obiettivo è quello di massimizzare la quantità di cannaflavine estratte dalla pianta, riducendo al minimo la presenza di contaminanti e preservando l’integrità strutturale e l’attività biologica dei composti.

Un’altra strategia promettente è rappresentata dalla selezione genetica e dall’ibridazione di varietà di cannabis che producono naturalmente livelli più elevati di cannaflavine. Attraverso programmi di breeding mirati, è possibile selezionare e incrociare piante che presentano una maggiore capacità di biosintetizzare queste molecole.

L’approccio più innovativo e promettente per superare la limitazione della bassa concentrazione di cannaflavine nella pianta è rappresentato dalla sintesi chimica e biosintetica che, pur essendo complessa a causa della loro struttura, è stata realizzata con successo in laboratorio, consentendo la produzione di quantità maggiori di questi composti per la ricerca.

Vari tipi di farmaci antinfiammatori | Justbob

Il ruolo delle cannaflavine nell’effetto entourage: sinergia con altri composti della cannabis

L’effetto entourage, un concetto centrale nella farmacologia della cannabis, si riferisce alla sinergia che si manifesta tra i diversi composti presenti nella pianta, amplificando o modulando gli effetti terapeutici complessivi. In altre parole, invece di agire isolatamente, i cannabinoidi, i terpeni, i flavonoidi e altri metaboliti secondari della cannabis interagiscono tra loro, generando un effetto combinato che supera la somma degli effetti individuali dei singoli composti. Ed è questo il motivo alla base dello sviluppo di particolari tipologie di olio di CBD, come ad esempio quello noto come broad spectrum o il full spectrum.

Sebbene gran parte dell’attenzione scientifica sull’effetto entourage si sia concentrata sulle interazioni tra cannabinoidi (come THC e CBD) e terpeni, è sempre più evidente che anche i flavonoidi, incluse le cannaflavine, potrebbero svolgere un ruolo significativo in questo fenomeno.

Le proprietà antinfiammatorie, antiossidanti e altre attività biologiche delle cannaflavine potrebbero potenziare o modulare gli effetti dei cannabinoidi e dei terpeni, contribuendo all’efficacia terapeutica complessiva degli estratti di cannabis e dei preparati a base di cannabis.

Ad esempio, la combinazione di cannaflavine con il CBD, noto per le sue proprietà antinfiammatorie e ansiolitiche, potrebbe offrire un’azione antinfiammatoria più completa e sinergica.

Come abbiamo accennato, mentre il cannabidiolo agisce principalmente attraverso il sistema endocannabinoide, modulando l’attività dei recettori CB1 e CB2 e influenzando la produzione di endocannabinoidi, le cannaflavine agiscono su vie metaboliche differenti, come l’inibizione di mPGES-1 e 5-LO. La combinazione di CBD e cannaflavine potrebbe quindi colpire più bersagli molecolari coinvolti nel processo infiammatorio, determinando un effetto antinfiammatorio più potente e completo.

L’effetto entourage non si limita alle interazioni tra cannaflavine e cannabinoidi, ma potrebbe estendersi anche alle sinergie con i terpeni, i composti aromatici responsabili dell’odore caratteristico della cannabis.

Il motivo è semplice: i terpeni possiedono diverse proprietà biologiche, tra cui attività antinfiammatorie, antiossidanti, ansiolitiche e analgesiche e la loro combinazione con le cannaflavine potrebbe generare effetti terapeutici sinergici, potenziando l’attività antinfiammatoria, antiossidante o neuroprotettiva, o modulando altre proprietà biologiche.

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Il futuro promettente delle cannaflavine

Le cannaflavine sono una classe di flavonoidi unici, esclusivi della Cannabis sativa, che hanno suscitato un notevole interesse nella comunità scientifica per le loro promettenti proprietà biologiche. Questi composti, come abbiamo visto, si distinguono per la loro attività antinfiammatoria, che agisce attraverso meccanismi d’azione differenti rispetto ai cannabinoidi e ai FANS, aprendo nuove prospettive per la gestione dell’infiammazione.

In più, mostrano un ampio spettro di attività biologiche, tra cui proprietà antiossidanti e antiparassitarie, suggerendo un potenziale impiego in diverse condizioni patologiche.

La ricerca sulle cannaflavine è ancora in fase iniziale e presenta sfide significative, principalmente legate alla loro bassa concentrazione nella pianta di cannabis. Tuttavia, gli sforzi per ottimizzare l’estrazione, la selezione genetica e la sintesi biosintetica promettono di superare questi ostacoli e di sbloccare il pieno potenziale terapeutico di questi composti unici.

Insomma, il futuro della ricerca sulle cannaflavine è promettente e ulteriori studi scientifici contribuiranno a chiarire i meccanismi d’azione, a confermare l’efficacia terapeutica e a definire le applicazioni cliniche di questi affascinanti flavonoidi della cannabis.

Per questo argomento è tutto: speriamo di aver soddisfatto la tua curiosità e ti aspettiamo nei prossimi articoli qui su Justbob!

Cannaflavine: takeaways

  • Le cannaflavine, una classe di flavonoidi esclusivi della pianta di Cannabis sativa, rappresentano una scoperta di notevole interesse scientifico grazie alle loro spiccate proprietà antinfiammatorie. Questi composti agiscono attraverso meccanismi biochimici distinti rispetto ai cannabinoidi, aprendo nuove prospettive terapeutiche per la gestione dell’infiammazione e potenzialmente offrendo un approccio complementare ai farmaci antinfiammatori tradizionali.
  • Al di là della loro potente azione antinfiammatoria, le cannaflavine manifestano un ampio spettro di attività biologiche promettenti. Studi preliminari suggeriscono che possiedano proprietà antiossidanti, capaci di contrastare lo stress ossidativo cellulare, e antiparassitarie. Queste molteplici azioni biologiche ampliano il ventaglio di possibili applicazioni terapeutiche, spaziando dalle malattie infiammatorie croniche, fino al trattamento di infezioni parassitarie.
  • Nonostante il notevole potenziale terapeutico, la ricerca sulle cannaflavine si trova ancora in una fase iniziale e presenta sfide significative. La principale limitazione è rappresentata dalla loro scarsa concentrazione nella pianta di cannabis, che rende difficoltosa l’estrazione e la produzione su larga scala. Tuttavia, la comunità scientifica è attivamente impegnata nello sviluppo di strategie innovative, come la selezione di varietà di cannabis ad alto contenuto di cannaflavine e la sintesi biosintetica, con l’obiettivo di superare questi ostacoli e sbloccare il pieno potenziale terapeutico di questi composti unici.

Cannaflavine: FAQ

Cosa sono le cannaflavine?

Le cannaflavine sono una classe specifica di flavonoidi, composti polifenolici presenti esclusivamente nella pianta di Cannabis sativa. Sono noti per le loro proprietà antiossidanti e per il loro ruolo nella protezione delle piante. Le cannaflavine si distinguono dai cannabinoidi, come il CBD e il THC, per la loro struttura chimica e per i loro meccanismi d’azione. Mentre i primi agiscono principalmente interagendo con il sistema endocannabinoide, un sistema di segnalazione cellulare presente nel nostro organismo, le cannaflavine sembrano operare attraverso vie biochimiche differenti, in particolare inibendo enzimi coinvolti nel processo infiammatorio.

Quali sono le principali proprietà benefiche delle cannaflavine?

Le cannaflavine sono principalmente studiate per le loro potenti proprietà antinfiammatorie, paragonabili, in studi preclinici, a quelle di farmaci antinfiammatori come l’aspirina, ma con un meccanismo d’azione diverso. Oltre all’azione antinfiammatoria, le cannaflavine mostrano anche proprietà antiossidanti e antiparassitarie. Grazie a queste, potrebbero essere potenzialmente utili in diverse condizioni patologiche. Tuttavia, è importante sottolineare che la ricerca è ancora in fase iniziale e sono necessari ulteriori studi clinici per confermare questi potenziali benefici.

Quali sono le principali criticità nella ricerca sulle cannaflavine?

La ricerca sulle cannaflavine è considerata in una fase iniziale principalmente a causa della loro bassa concentrazione nella pianta di cannabis, che rende difficile l’estrazione e la produzione di quantità sufficienti per studi approfonditi. Questo rappresenta una sfida tecnologica significativa. I prossimi passi per svelare il pieno potenziale delle cannaflavine includono lo sviluppo di metodi di estrazione e sintesi più efficienti per aumentarne la disponibilità, l’approfondimento degli studi preclinici in modelli animali per confermare l’efficacia e la sicurezza, e l’avvio di studi clinici umani per valutare il potenziale terapeutico in diverse patologie.