Modificato il: 10/01/2024
La variante “buona” della marijuana, con molteplici effetti benefici
Negli ultimi tempi, l’affermazione dei derivati della cannabis sta subendo un’accelerazione inarrestabile. Vediamo meglio di cosa si tratta e quali sono le ragioni del successo che stanno avendo.
Cos’è la cannabis light?
Quando si parla di cannabis light, o erba legale, ci si riferisce ad una varietà di marijuana geneticamente modificata, allo scopo di abbassare il contenuto di THC.
Ma a che scopo?
Dei due principali principi attivi contenuti nella cannabis, il THC, o tetraidrocannabinolo, è quello responsabile dei ben noti effetti psicotropi che il consumare marijuana suscita nell’organismo.
Per quanto riguarda invece il CBD, o cannabidiolo, il discorso cambia notevolmente.
Non presenta effetti psicoattivi e, al contrario, l’assunzione di questa sostanza pare avere proprietà benefiche e rilassanti in svariate situazioni.
Da qui la necessità di creare una varietà di cannabis che offrisse ai suoi consumatori la possibilità di trarre vantaggio dal CBD, senza dover subire quelli che sono gli effetti collaterali del THC.
Secondo le norme vigenti in materia di canapa e sostanze stupefacenti, rispettivamente la legge 242/2016 e la legge 309/1990, affinché la cannabis possa essere considerata legale, deve presentare una percentuale di THC che oscilli tra lo 0,2% e lo 0,6%.
In queste quantità, il tetraidrocannabinolo non è in grado di esercitare sui suoi consumatori alcuna efficacia drogante.
Tornando al CBD, va detto che anch’esso può essere contenuto in quantità variabili.
La sua concentrazione dipende da diversi fattori, quali la varietà stessa della materia prima, ossia la pianta di canapa in sé, e le modalità con cui viene coltivata. La sua produzione di resina è comunque direttamente proporzionale al benessere della pianta, nonostante, come anticipato, alcune varietà siano note per una produzione naturalmente più abbondante.
Come il THC, anche il CBD è contenuto maggiormente nelle infiorescenze della marijuana, ma in minore quantità lo si può trovare anche nelle foglie.
Le principali proprietà del CBD, che è a tutt’oggi oggetto di studi scientifici in merito, paiono essere antinfiammatorie, analgesiche e antispastiche, ma la lista sembra essere molto più lunga di così.
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Quanti tipi di marijuana esistono?
In materia di cannabis, spesso non risulta facile orientarsi. Proviamo a fare un po’ di chiarezza sui tipi di marijuana che esistono.
Oltre alla canapa light di cui abbiamo già parlato in minima parte, come tutti sappiamo, esiste la cannabis che per esigenze di chiarezza chiameremo “classica”.
Con questa espressione ci riferiamo alla varietà di erba, non geneticamente modificata che quindi presenta quantità di THC nettamente superiori a quelle citate in precedenza, e di conseguenza considerata illegale in molti stati, tra cui sicuramente l’Italia.
Specifichiamo infatti che le differenze di nomenclatura in fatto di cannabis risiedono tutte nella concentrazione del tetraidrocannabinolo, in quanto è proprio nella sua concentrazione che è contenuto il potere di alterazione della psiche responsabile della sua classificazione come sostanza stupefacente.
Per farci un’idea, la marijuana illegale presenta quantità di THC che possono superare il 20% e di conseguenza il suo consumo produce effetti più o meno marcati nella psiche di chi ne fa uso.
Tra i più comuni annoveriamo senza ombra di dubbio lo stato di euforia iniziale, che col passare dei minuti o delle ore si tramuta in stato di rilassamento e rallentamento sia mentale che muscolare.
L’assunzione di questa sostanza è inoltre capace di intervenire anche sull’appetito, spingendo alla ricerca di cibi molto calorici e in quantità spesso superiori a quelle normalmente consumate.
Oltre a questi effetti banali e pressoché innocui, vediamo il presentarsi anche di altri stati mentali che a seconda dei casi invalidano notevolmente non solo la lucidità di chi ne ha fatto uso, ma anche il benessere fisico vero e proprio.
Parliamo del presentarsi di uno stato di ansia generale, spesso accompagnato da paranoie o allucinazioni. Non meno frequenti possono essere veri e propri attacchi di panico e talvolta anche nausea e apatia. Un prezzo da pagare indubbiamente troppo alto, per chi volesse approfittare degli effetti benefici che il consumo di erba pare avere.
E a questo proposito si rende necessario un’ulteriore precisazione. Ultimamente si è sentito parlare anche di cannabis terapeutica. Si tratta quindi della cannabis light? O di un uso particolare della cannabis tradizionale? Nulla di tutto ciò. La cannabis terapeutica rappresenta una terza categoria a parte.
Categoria a parte innanzitutto per come viene prodotta. La sua coltivazione è di esclusiva competenza dello Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze, che si occupa di seguire e controllare ogni singola pianta dal seme al prodotto finale, destinato poi alla vendita in farmacia.
La marijuana terapeutica, viene somministrata sotto forma di farmaci galenici e si suddivide in due categorie: la cannabis FM1 e la cannabis FM2.
Queste due varietà si differenziano in quanto a concentrazione dei due principi attivi.
Nella FM1 abbiamo una concentrazione alta di THC e bassissima invece di CBD, rispettivamente tra il 13 e il 20% e meno dell’1%, mentre nella FM2 le quantità di THC sono comprese tra il 5 e l’8% e quelle di CBD tra il 7 e il 12%.
Questi due tipi di cannabis terapeutica vengono destinati a casi evidentemente diversi e presentano comunque minime percentuali di THC. Sono farmaci ben tollerati dai pazienti e solitamente con irrisori effetti collaterali.
In sostanza possiamo concludere che la cannabis light è l’unica varietà a non agire sulla psiche, a differenza della tradizionale e della terapeutica, utilizzata a scopi evidentemente diversi.
Come viene impiegata la cannabis light?
Ora che abbiamo messo un po’ di ordine tra le diverse tipologie di cannabis esistenti, torniamo alle applicazioni benefiche della cannabis light.
Come anticipato, le sue proprietà rilassanti e antinfiammatorie sono da attribuire al CBD.
Nello specifico, già da tempo il cannabidiolo è stato al centro di studi volti a determinare con maggior autorevolezza quelli che paiono essere i molteplici benefici che l’assunzione di questa sostanza comporta.
Di seguito una breve lista di quelle che sembrano essere le sue caratteristiche positive:
- inibisce la trasmissione neuronale, con conseguente diminuzione del dolore;
- riduce i disturbi del sistema immunitario;
- allevia la nausea;
- inibisce la proliferazione delle cellule tumorali, in modo particolare nei casi di cancro al seno;
- migliora l’appetito;
- aiuta nei sintomi da disintossicazione da dipendenze da alcol e tabacco;
- grazie alle sue proprietà ansiolitiche, riduce notevolmente i sintomi di ansia sociale, disturbo da stress post-traumatico e disturbo ossessivo-compulsivo.
Questi sono solo alcuni degli aiuti concreti che il CBD sembra poterci offrire nella gestione di disturbi di varia natura.
Nonostante i dati empirici fortemente rassicuranti, occorre specificare che spesso mancano ancora dati scientifici che certifichino inequivocabilmente quanto appena esposto.
In merito a effetti collaterali, grazie alla tollerabilità del cannabidiolo da parte dell’organismo, il CBD sembra presentarne in forma leggera e moderata e spesso anche in quantità inferiori rispetto a tanti dei farmaci in commercio, ad eccezione di un senso di nausea e della sensazione di secchezza delle fauci, causati apparentemente dall’assunzione di dosi elevate.
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Per concludere
Sempre più persone sembrano intenzionate a dare una chance al CBD, che seppur non ancora completamente scagionato dalla scienza, pare offrire ottime alternative alle terapie tradizionali, almeno nei casi in cui si cerchi un alleato naturale dagli effetti collaterali quasi inesistenti.
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